Arrivando a Campiglia Soana da Torino, passando per Ronco Canavese, si percorre la SP47, una strada stretta e poco trafficata, che non sembra curarsi troppo dei suv che provano a percorrerla nei weekend estivi. Da queste parti il turismo di massa è un fenomeno ancora lontano, che ha preferito trovare sfogo sugli altri versanti del Parco nazionale Gran Paradiso, da Ceresole e Locana fino a Cogne e Valsavarenche.
In passato però qualcuno aveva provato a rilanciare Campiglia nel firmamento turistico nazionale, facendo leva sulla costruzione di un imponente albergo che potesse fornire tutti i servizi possibili per attirare turisti da ogni parte d’Italia.
Costruito alla fine degli anni 60 da Joseph Clerico, oggi l’Hotel Gran Paradis giace abbandonato sullo stradone che porta al meraviglioso Pian dell’Azaria, definito da Mario Rigoni Stern “il posto più bello del mondo”.
Clerico era originario di Campiglia, ma era emigrato a Parigi, dove trovò fortuna diventando il gestore del famoso locale “Moulin Rouge”. Il suo sogno però era quello di dare nuova luce alle vallate a cui era tanto affezionato e decise di costruire un albergo dalle dimensioni imponenti, che per anni è stato gestito dalla sua famiglia. Un luogo a suo modo eccentrico, dove al suo interno venne realizzato un vero e proprio saloon in stile Western: gli ospiti potevano infatti mangiare all’interno di alcune carrozze in legno, dove erano stati installati dei tavoli oppure godersi la sala dall’alto, salendo le scale e appoggiandosi alla balconata, come è facile vedere nei vecchi film Western.
All’interno della struttura venne realizzato un saloon in stil western, dove gli ospiti potevano mangiare in carrozze di legno.
Oggi l’hotel, che appartiene ancora alla famiglia Clerico, ormai è inaccessibile e buona parte dei suoi spazi sono inutilizzabili.
Al Politecnico di Torino però si è provato a ipotizzare un nuovo futuro per questa realtà, cercando di recuperare il complesso e dargli nuova vita, trasformandolo da semplice albergo in un vero e proprio villaggio per smart workers, un luogo dove chi lavora da remoto può trovare le agevolazioni di un coworking cittadino, con il vantaggio di poter godere di un panorama mozzafiato.
Nel 2022 una studentessa del Politecnico di Torino ha ipotizzato un nuovo futuro per l’Hotel Gran Paradis e il suo saloon: un villaggio per smart workers.
“Il Politecnico di Torino da qualche tempo aveva avviato una collaborazione con il Comune di Campiglia Soana, per la riattivazione del territorio”, spiega Beatrice Aimar, laureata nel 2022 presso il Politecnico di Torino in Architettura per il Progetto Sostenibile con la tesi dal titolo: “Architettura Moderna in Abbandono sulle Alpi – Progetto per la riqualificazione dell’Hotel Gran Paradis a Campiglia Soana”.
“Il Professor Dini – che mi ha supportata nel percorso di tesi insieme a Silvia Tedesco e Cristian Dallere – mi ha così proposto di partecipare al progetto e ho subito pensato che fosse molto interessante e particolare in questo momento storico”.
“La prima volta mi sono recata sul posto insieme ai miei relatori e al sindaco di Valprato, nella primavera 2021. Sono rimasta davvero sorpresa da come si potesse aver abbandonato una struttura del genere in questo angolo di montagna. Abbiamo percorso questo lungo viale che poi porta al Piano dell’Azaria e all’inizio sembrava quasi mimetizzarsi nel contesto, poi guardandolo bene ci si accorge che è davvero un fuori scala rispetto alle abitazioni della zona”, racconta Beatrice.
Quali sono le condizioni degli interni?
“Grazie al sindaco – che è in buoni rapporti con i proprietari – siamo riusciti a entrare dentro l’hotel per poter effettuare un sopralluogo. Nonostante sia abbandonato dal 2000 ci sono alcune parti non troppo deteriorate, molte stanze sono ancora intatte, anche se diverse sono state vandalizzate. La sala della ristorazione è stata mantenuta in buono stato, mentre c’è una parte che era adibita a saloon in stile western, che ha subito diversi danni per colpa di un’alluvione e non sarebbe più recuperabile”.
Nell’ottica di una totale ristrutturazione – si legge nella tesi – ci sarà comunque la volontà di mantenere alcune parti originarie, come il tetto (riletto in chiave moderna tramite la rimozione delle lose e il successivo rivestimento con la lamiera graffiata), mentre altre zone potrebbero essere totalmente demolite per far spazio a nuove aree verdi.
Tuttavia al momento la tesi e l’intero progetto restano solamente delle suggestioni, essendo l’hotel di proprietà privata e non potendo quindi ipotizzare dei lavori nel breve termine.
“Io credo fortemente che sia un progetto realizzabile, magari anche solo in parte e non interamente, ma voglio pensare che questa struttura susciti l’interesse di qualcuno e che non venga demolita tra qualche anno. Alcune parti possono essere recuperate, servirebbe una sinergia tra pubblico e privato per metterci mano. Poi certo, vuole essere anche una provocazione dettata dai tempi in cui viviamo, ma penso possa suscitare diverse riflessioni sull’utilizzo (e riutilizzo) di strutture come questa”.