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La comunità hippie che vive in un’area marina protetta in Sardegna

Quest’estate siamo stati nella Valle della Luna, in Gallura, per vedere come vive la famosa comunità che dagli anni 70 bazzica queste spiagge. Un’area marina protetta dove diverse persone vivono dentro grotte naturali e capanne di legno, tra ferventi polemiche ambientali e compromessi in precario equilibrio sociale. Un posto molto bello, ma anche molto affollato ad agosto.

Qualche mese fa stavo guardando “Trainwreck”, il documentario su Netflix dedicato a Woodstock ‘99, un tentativo fallimentare di replica dell’iconico festival dei figli dei fiori.
Attraverso interviste e testimonianze, il documentario evidenzia come alla fine degli anni 90 non ci fossero più le premesse per poter ricreare quel paradiso utopico di convivenza fraterna, amore e sostanze allucinogene che era stato Woodstock.
Il festival finì quasi in tragedia e tutti capirono che lo spirito di Woodstock era morto e sepolto.

I tempi erano cambiati, la società mutata e di conseguenza i gusti musicali delle persone.
I cantanti non chiedevano più di mettere i fiori nei cannoni, al contrario i Limp Bizkit urlavano dal palco di “staccare la testa a qualcuno” e di avere quella voglia irrefrenabile di “spaccare qualcosa”.

In quei momenti, mentre guardavo Woodstock ’99 prendere fuoco sul monitor del mio pc (all’epoca scoppiarono dei veri e propri incendi), tra un pop-corn e un tiro di sigaretta, mi sono chiesto dove fossero finiti gli hippie in tutta questa storia.

Mi è bastato fare una breve ricerca su Google per scoprire che in realtà vivono ancora in mezzo a noi e neanche così lontani dalle nostre città.

Si legge infatti che dagli anni 70 una corposa comunità hippie abbia deciso di abitare la Valle della Luna, nell’Area Marina Protetta di Capo Testa – Punta Falcone, in Gallura, nel nord della Sardegna. La Valle della Luna in particolare si trova a Capo Testa, un’isola (ormai penisola perché collegata artificialmente con la terra ferma), raggiungibile solo a piedi, incastonata in uno degli angoli più suggestivi del Mediterraneo.

L’estate scorsa ho deciso quindi di andarci di persona, per vedere con i miei occhi se tutti quegli articoli trovati in rete dicevano la verità. Sarà davvero il paradiso fricchettone che viene di cui tutti parlano?

Una volta arrivato nei pressi di Capo Testa e abbandonata la strada principale, lasciandomi alle spalle l’inferno dei turisti in cerca di parcheggio, dopo una breve camminata mi si stagliano davanti imponenti rocce granitiche. Il colore è rosa, l’atmosfera sta cambiando. Di colpo, gli schiamazzi dei turisti sono solo un eco lontano che rimbalza tra una parete e l’altra.

Le rocce, tipiche del nord della Sardegna, qui hanno assunto forme incredibilmente bizzarre, a causa dell’imponente azione levigatrice del vento. Un uccello, un aereo, un gatto: basta poca fantasia per vedere quello che si vuole, un po’ come quando si gioca a dare sembianza alle nuvole.

Superata la prima parete di rocce, insieme a qualche impavido turista in infradito, si arriva subito in una radura: la Valle della Luna. Adesso le rocce sono tutte intorno, sta per arrivare il tramonto e il loro colore è ancora più rosa. Si dice che diventino bianche di notte, riflettendo proprio il colore della luna.

Si vedono i primi segni di una comunità locale: un totem indiano si staglia davanti al mare, i segni di un falò spento raccontano storie notturne, su alcune pareti e rami le incisioni riportano firme, disegni, messaggi d’amore. Un cane gironzola sonnacchione tra la spiaggia e i sentieri rocciosi che naufragano dolcemente in acqua.

Proseguendo verso la spiaggia le persone aumentano, fino ad arrivare in riva del mare dove c’è davvero il pienone.
D’un tratto il sogno si interrompe bruscamente, l’eco in sottofondo torna a essere un volgare schiamazzo, la magia del totem è svanita. I turisti affollano ogni centimetro di spiaggia, mettono le birre al fresco, preparano le tende per la notte.

E gli hippie? Sono lì, tra la folla. Alcuni defilati, che si godono la natura, altri in mezzo alla calca, facendo da ciceroni e suonando la chitarra in cambio di qualche soldo per aiutare lo sviluppo della comunità.

Poco dopo conosco Andrea, un ragazzo arrivato dalle Marche qualche giorno prima e fermatosi a dormire nella valle. Mi spiega che in realtà questa è solo una delle sette valli, presenti nella zona. Quel tratto di costa risulta infatti diviso da muri di granito che vanno a conformare 7 calette di dimensioni differenti, una dopo l’altra. Cala de l’ea, Cala di Mezzu e Cala Grande, dove ci troviamo noi, sono le più famose.

Andrea racconta come buona parte delle persone che vivono qui durante l’anno ad agosto cerchino riparo nelle zone più difficili da raggiungere, lontano dalle masse di visitatori. All’interno di qualche grotta naturale o delle poche capanne di legno costruite lungo la costa. Vivono a contatto con la natura, creando però qualche malumore tra le associazioni ambientaliste, che da anni protestano per lo stato di degrado della zona e lo sfruttamento economico da parte degli hippie stessi.

Una situazione che ha dato vita a uno scenario surreale: ambientalisti che accusano gli hippie di sfruttare la natura a discapito della comunità e, sullo sfondo, imprenditori privati che aspettano la fine di questa guerra ideologica per trasformare tutto in un resort.

Difficile immaginare quale futuro possa esserci per questa zona, un paradiso naturale diventato iconico per molti anni, ma che oggi forse non riesce più a reggere il confronto con il turismo di massa.
Un luogo che ha rappresentato il sogno di una generazione, che non aveva fatto ancora i conti con le Storie su Instagram e i video di TikTok.

E gli hippie? Esistono ancora persone che decidono di vivere la propria vita lontano dagli standard della nostra società e non serve affittare una DeLorean per scoprirlo. Sono stati rapiti dai paesaggi lunari di questi posti e non è difficile capire il perché. E di sicuro mi hanno insegnato una grande lezione: la prossima volta non prenderò più ferie ad agosto.