Il “Giro dei Tre Rifugi” è un percorso ad anello nel Parco naturale Orsiera Rocciavrè. Non troppo impegnativo, tocca il Rifugio Amprimo, il Rifugio Val Gravio e il Rifugio Toesca. A pochi chilometri da Torino è una perfetta camminata da fare in compagnia. Di chi decidetelo voi.

Il Parco naturale Orsiera Rocciavrè, inserito all’interno delle Alpi Cozie, è stato istituito nel 1980 dalla Regione Piemonte.
Si estende nelle Alpi Cozie Settentrionali, su territori di pertinenza delle Valli Chisone, Susa e Sangone. Ha un’estensione di circa 11.000 ettari e i suoi confini corrono mediamente a una quota altimetrica di 1.400 m.
Le cime più importanti comprese al loro interno sfiorano i 3.000 m: Monte Orsiera (2.890 m), Monte Rocciavrè (2.778 m) e Punta Rocca Nera (2.852 m).

È un parco che offre spunti molteplici: passeggiate adatte a tutti, vette impegnative e scorci impagabili. Ma è anche un parco pieno di storie da raccontare.

Sin dall’antichità è stato infatti protagonista o spettatore di eventi e leggende anche epocali, dal passaggio di Carlo Magno agli elefanti di Annibale visti dall’alto dei suoi crinali, sino alle avventure ben più “faticose” dei tanti che ci hanno vissuto e lavorato, prima che fosse stabilito il suo valore paesaggistico.

Tra i vari percorsi a piedi che si trovano all’interno del parco (dei quali non possiamo non menzionare il “Giro dell’Orsiera” trekking di 6 giorni che invitiamo ad approfondire) trova spazio un anello da fare in giornata o con un pernottamento.
Non troppo conosciuto, offre panorami mozzafiato e una biodiversità veramente ricca e alla portata di tutti: il “Giro dei Tre Rifugi”.

Il sentiero 513 all’interno del parco.

Abbiamo cercato di ricostruire la storia e l’atmosfera di questo itinerario che consigliamo di iniziare dal rifugio Val Gravio per poi giungere al Colle Aciano, di qui al rifugio Toesca per arrivare all’ultimo, solo per ordine, all’Amprimo.

Affrontiamo l’avventura attraverso le parole dei gestori dei rifugi che andrete passo passo a incontrare: Mario Sorbino che dal 2006 gestisce in famiglia il rifugio Val Gravio, Marco Ghibaudo, gestore del Toesca dal 2015 e Enzo Latona, gestore del rifugio Amprimo dall’Aprile 2019.

Ognuno a suo modo ci spiega come è diventato gestore di un rifugio e come questa attività, che può sembrare selvaggia e desueta, gli abbia in realtà cambiato la vita riempiendola di significati troppo spesso ignorati.

È raccontando infatti le loro esperienze che vogliamo raccontare la storia di luoghi magici, luoghi in cui facendo attenzione e lasciandoci andare, possiamo ancora ritrovare noi stessi.

Parlami un po’ di te, della persona che eri prima della gestione di un rifugio.
Immaginiamo il gestore del rifugio come un anziano di poche parole, ma qui abbiamo ragazzi giovani, coppie, famiglie…

MARIO SORBINO, Rifugio Val Gravio: Io in realtà ho una storia famigliare di gestori di rifugi. Mio fratello Andrea molti anni fa gestiva il rifugio Lago Verde, avevo 11 anni e lui 19. Inizia in questo modo la nostra avventura con le strutture in montagne. Io ovviamente partecipavo come divertimento, ero piccolino. Ricordo che ero l’addetto alla radio per comunicare con Prali e comprare la carne, che tempi!

Successivamente abbiamo gestito insieme altri rifugi. Poi nell’89 lui prende il rifugio Vitale Giacoletti al Monviso e lo gestisce ancora oggi. Nel frattempo, io ho sempre collaborato con lui, fino al 2006. Quell’anno vien fuori la possibilità di gestire il Val Gravio. Da allora lo gestisco sino ad oggi, in alcuni periodi anche con l’aiuto di mia moglie e delle mie sorelle.
Possiamo dire insomma che gestisco rifugi da tutta la vita, davvero una sorta di fil rouge.

MARCO GHIBAUDO, Rifugio Toesca: Guarda io prima ero un fabbro, a Borgo San Dalmazzo. Ma io ho voluto vivere al 100% di montagna e gestire un rifugio.
Ho sempre un po’ avuto la passione per la montagna, era a tutti gli effetti un membro della nostra famiglia. Con genitori, zii, cugini andavamo sempre in montagna. E la vivevamo un po’ in tutti i modi: bici, arrampicata, passeggiate, sci…


Prima lavoravo come fabbro a Borgo San Dalmazzo, ma ho sempre voluto vivere la montagna al 100% e gestire un rifugio.


ENZO LATONA, Rifugio Amprimo: Prima ero un ragazzo di 23 anni che arrivava dall’università. Ho sempre lavorato nella ristorazione. Facevo piccole stagioni in giro per le montagne. Ho anche suonato per tanto tempo. Pensa che ho preso un anno dopo la laurea per decidere se diventare un musicista…

Ho poi iniziato a fare le stagioni estive in montagna e sono poi partito per l’Inghilterra, assolutamente all’arrembaggio. Senza un piano preciso è pero difficile trovare la propria felicità. Stavo solo scappando dalla realtà di qui. Un giorno, uno dei titolari del ristorante dove lavoravo in Inghiliterra, che mi chiamava l’orco, mi disse: “Enzo tu ridi solo quando si parla di montagna, torna in Italia e gestisci un rifugio!”
E così ho fatto.

Come direbbe il grande Simone Moro ho preparato la mia “cassetta degli attrezzi” per capire cosa serve per gestire un rifugio. Nel frattempo, facevo il postino.
Ho iniziato a partecipare anche a qualche bando di qualche rifugio che spuntava, ma nessuno mi convinceva.

Mi sono poi fatto le ossa Ceresole, in un ristorante/pizzeria gestito in maniera autonoma. Purtroppo ero troppo giovane e il nostro retaggio tutto italiano mi ha ostacolato un pochino. Ne ho poi gestito un altro, ma gli incendi divampati in quelle zone hanno reso il percorso molto complicato. Ero distrutto. A questo punto pensavo seriamente di scappare di nuovo e andare in Canada.
Ma a quel punto Marco (gestore del Toesca ndr.) mi ha pinzato: “Perché non gestisci l’Amprimo?”. Ho partecipato al bando senza grandi speranze. E invece, mentre facevo i documenti per partire è arrivata la chiamata.

Ho pensato ok, e adesso? È un’eredità pazzesca, pensa che Marco mi ha pure imprestato i soldi per un mezzo dell’87 usato per poter rifornire il rifugio nei primi periodi!
Ma in fondo, la vocazione alla montagna me l’hanno tirata fuori due professori delle medie: ci portavano sempre in gita nel Parco Orsiera e proprio all’Amprimo. Tutto torna!

Marco Ghibaudo nel Campo Base Ferrino, davanti al Rifugio Toesca

Cosa significa gestire un rifugio? Quali sono le particolarità del tuo? La pandemia ha cambiato il tuo approccio?

MARIO: È un’attività estremamente impegnativa e relativamente remunerativa, l’effettivo guadagno non certo è conveniente! (ride, ndr).
Ha però sicuramente il vantaggio di lasciar spazio innanzitutto ad altre attività, a me, ad esempio, piace molto la recitazione.
Emotivamente è davvero stancante, richiede uno sforzo fisico e mentale non indifferente; condividi spazio ristretti con persone altre. Ci vuole una certa stabilità psicofisica diciamo e sicuramente una buona empatia da coltivare. Una delle prime cose che guardo in chi dovrebbe lavorare con me, ad esempio, è proprio la capacità di portare positività, di capire l’altro.

Io ero legato alla montagna più “classica”, quella in cui cammini, arrivi su qualcosa come una vetta o una punta e poi ti affacci a guardare; diciamo l’dea di montagna a cui tutti pensiamo quando immaginiamo questo mondo. È quello che spinge le persone a camminare e compiere imprese. Il Gravio mi ha fatto scoprire un’altra qualità della montagna che io non conoscevo: il legame con l’acqua.
Da allora mi sono appassionato e ho iniziato a seguire i corsi d’acqua e arrivare alla loro sorgente.

Se oggi mi chiedi consiglio su un’escursione ti dico di andare alle sorgenti del Gravio, che sono un po’ più a monte rispetto al rifugio. Dopo un paio d’ore e alcuni altipiani arrivi a questo ex lago glaciale. La leggenda vuole che i monaci certosini proprietari dell’intero vallone andassero a giocare con le bocce d’oro e queste siano ancora nascoste da qualche parte.
Il Gravio nasce proprio lì, al confine sotto la Cristalliera per poi immergersi nella Cassafrera, una grandissima pietraia. Lo vedrai poi molti metri sotto come emissario del Lago Rosso. Noi di fianco al rifugio abbiamo una cascata del Gravio, anche in inverno abbiamo qualche mio amico pazzo che viene a tuffarsi, con acqua a 3°!

Devo ammettere che la pandemia in qualche modo ci ha aiutato, ha fatto conoscere a molti la sensazione di non andare lontano, ma sentirsi lontano. Si è ricominciato a scoprire luoghi poco conosciuti, magari a 40 chilometri da casa. Già solo il semplice camminare senza essere un alpinista esperto, ma comunque senz’auto è stato sicuramente una bella valvola di sfogo per molti.
Ci ha aiutato sicuramente ad organizzare meglio le cose, continuiamo anche adesso ad avere la stessa organizzazione che avevamo in emergenza, la trovo molto funzionale.
Sicuramente durante la chiusura forzata abbiamo molto molto faticato, anche se dai in generale non posso lamentarmi.

Il Rifugio Val Gravio

MARCO: Per me il rifugio è prima di tutto accoglienza. Rendersi disponibile a chi arriva, chiede informazioni, vuole mangiare o dormire, etc…
Certo se parliamo di rifugi alpini il rifornimento è la cosa più difficile. Renderlo vivibile per 3/4/6/7 mesi è sicuramente una bella sfida. Il rifugio Toesca ha un accesso esclusivamente a piedi. Non è più visto come rifugio, ma anche solo come la meta di una gita in giornata, creando quel mordi e fuggi che a noi crea una gestione diversa rispetto alla mezza pensione. Esattamente come un ristorante giù a valle diciamo! Il Toesca ha poi una struttura piccolina, bisogna quindi attrezzarsi per tempo per riuscire a ricevere questo tipo di clientela occasionale.

La pandemia ha sicuramente cambiato tutto e paradossalmente ha portato beneficio alla montagna, arriva sicuramente più gente di una volta. Il rovescio della medaglia è sicuramente la sicurezza, ad esempio al Toesca anche ad agosto basta un leggero temporale per avere 20° di escursione termica.
Il mio approccio è quello sicuramente di accogliere più persone possibile, per rendere il loro cammino migliore. Anche magari quando non prenotano oppure hanno richieste particolari.
Abbiamo aderito al progetto “Smart Trekker”, un bel progetto di trekking unito allo smart working. In generale cerchiamo di stare al passo col tempo, siamo pur sempre a 1700mt ma ecco, cerchiamo di organizzare laboratori, giornate con i bimbi, escursioni.


La pandemia ha sicuramente cambiato tutto e paradossalmente ha portato beneficio alla montagna, arriva sicuramente più gente di una volta. Il rovescio della medaglia è sicuramente la sicurezza, ad esempio al Toesca anche ad agosto basta un leggero temporale per avere 20° di escursione termica.


ENZO: L’Amprimo è un rifugio molto molto conosciuto, ed è naturalmente un vantaggio. Accogliamo un grosso bacino di “utenti della montagna”, da chi è alle prime armi a chi come me e te è sempre andato in montagna e ha messo su famiglia e vuole muovere i primi passetti con i bimbi.
Un rifugio accessibile, ma che si raggiunge solo a piedi. Ci sono anelli belli semplici e siamo posto tappa del bellissimo “Giro dell’Orsiera”, che se fossimo in Francia avrebbe almeno il triplo della frequentazione, ma che sta prendendo abbastanza. E naturalmente il “Giro dei Tre Rifugi”! Questo per l’escursionista.

Dagli occhi del gestore, beh innanzitutto è una parte del mio cuore, la mia vita attuale e lo sarà per tempo. Ma è comunque un sistema davvero complesso da gestire, siamo una struttura grossa che richiede personale, non siamo mai sotto le 5 persone in stagione (che per un rifugio è parecchio). Ho solo un frigo, la corrente, la logistica… è tutto molto complicato. Ci vuole un alto livello di organizzazione. Puntiamo molto sulla qualità delle materie prime e sulla cucina, la nostra cuoca “Mamma Ita” è davvero una bomba.


Dopo le esperienze di incendi nell’altro rifugio, quando ho preso l’Amprimo nell’aprile 2019, ho pensato: cosa potrebbe succedere di peggio? Tac, pandemia mondiale!


Sulla pandemia dovremmo avere uno spazio enorme.
Dopo le esperienze di incendi nell’altro rifugio, quando ho preso l’Amprimo nell’aprile 2019, ho pensato: cosa potrebbe succedere di peggio? Tac, pandemia mondiale!
Ho vissuto come tutti paura e angoscia, avevo la mia compagna incinta di 3 mesi…
Il lockdown mi ha insegnato a rivedere i piani e programmarli per bene e ad oggi mi ha aiutato visto che adesso siamo aperti 7/7.
Non voglio che l’Amprimo sia una “mangiatoia” e visto che la pandemia mi ha portato anche tanta nuova utenza credo sia importantissimo che noi per primi aiutiamo nell’educazione all’ambiente tutto questo mondo nuovo, senza mai porsi sul piedistallo anzi! Ho aperto anche un canale YouTube (Le Gardien TV ndr.) per avvicinarmi a più persone possibili e aiutarle a prendere coscienza della montagna e del rifugio. Mi ritengo un positivo pessimista e troveremo sicuramente il modo di far andar bene le cose per il nostro futuro.
Dobbiamo adattarci, se non lo facciamo non andiamo da nessuna parte. In conclusione, è tutto molto faticoso, ma vedo sempre la scintilla negli occhi delle persone quando dico che lavoro faccio. E non lo cambierei con nulla al mondo.

Il Rifugio Amprimo

Cosa significa per te vivere la montagna?
MARIO: Noi saliamo e scendiamo un sacco di volte, facciamo esattamente come
il filo nella trama. Quello che facciamo noi è intrecciare la bassa valle con l’alta valle. Questa zona della Valsusa, del parco, lo fa da sempre.
Intrecciamo una specie di tessuto tra la fascia “lavorata” della montagna e la bassa valle. Per montagna lavorata intendo tutta quella fascia che noi rappresentiamo e che “sta in mezzo” tra il selvaggio della montagna più alta e la civiltà della bassa valle. Una montagna dove si lavorava e si viveva, e si saliva e scendeva un sacco di volte. Mi piace molto sentirmi parte di questa storia. Si lo ammetto, è molto retrò.

MARCO: Penso che vivere in montagna sia vivere e gestire un posto nel migliore modo possibile. Perderci del tempo, viverci e lavorarci. Farne una casa in cui accogliere davvero tutti.

ENZO: Per me significa principalmente quotidianità e fare un a scelta di vita.
È il modo più vicino alla mia idea di vita. Non ho un ricordo di un episodio singolo.
È tutta la mia vita. Vivo la natura in maniera più intima.
Per me ci vuole molto più coraggio a vivere in città e ad andare in ufficio, ma è una scelta molto personale e soggettiva.

Parliamo del Parco Orsiera, probabilmente non ha l’attenzione che merita, sei d’accordo? Questi tra le altre cose sono luoghi di resistenza partigiana…
Cosa rappresenta per te e quali sono i suoi luoghi secondo te da non perdere?

MARIO: È purtroppo vero che manca un po’ il decollo del parco. Peccato davvero essere visti come un parco di “serie B”.
In particolare, il vallone del Gravio è una riserva per gli animali e non si deve assolutamente toccare nulla, addirittura il passaggio umano era osteggiato. Per fortuna le cose sono un po’ cambiate e siamo riusciti perlomeno a rimettere in sicurezza i sentieri e segnalarli a dovere. In generale si punta naturalmente molto di più sull’alta valle e i laghi d’Avigliana che hanno un turismo un po’ diverso.

Per quanto riguarda i luoghi, una delle cose che mi colpiscono tantissimo è che il Parco Orsiera ricorda tantissimo Manzoni, ci sono tantissimi nomi manzoniani!
Partiamo intanto dal sentiero dei Franchi, percorso abbastanza verosimilmente fatto da Carlo Magno per entrare in territorio Longobardo. Non voleva farsi scoprire e aggirò così le truppe passando su questo sentiero idealmente tracciato da Oulx alla Sacra di san Michele, scendendo quindi a Chiusa. E lì che avviene la battaglia narrata nell’Adelchi dal Manzoni tra Carlo Magno e Sigfrido.
Da lì è molto curioso perché nel parco abbiamo tutta una serie di nomi manzoniani. Il Piano Dell’Orso, la punta della Salancia, il Colle del Vento, il Colle di Malanotte (Inf. e Sup.), la punta del Villano, il piano delle Cavalle: ti colpiscono già solo dal nome! Senza dimenticare la già citata Certosa di Montebenedetto, uno dei gioielli del Parco Orsiera e la scalinata del Forte di Fenestrelle.


Il Parco Orsiera ricorda tantissimo Manzoni, ci sono tantissimi nomi manzoniani: il Piano Dell’Orso, la punta della Salancia, il Colle del vento, il Colle di Malanotte (Inf. e Sup.), la punta del Villano, il piano delle Cavalle.


MARCO: Mi rincuora molto non essere l’unico ad accorgersi delle mancanze sul parco e sugli enti. Dico solo questo.
Il parco è bellissimo: roccioso, alberoso, pratoso, in due giorni passi in luoghi completamente diversi. Robinet, Selleries, Amprimo, Toesca: mamma mia che posti!
Se devo sceglierne di imperdibili? Beh, tiro l’acqua al mulino allora (ride ndr).
Sopra al Toesca i sentieri sono tutti bellissimi e non troppo difficili!
E qui si può anche, volendo e a differenza di altri parchi, andare fuori dal sentiero visto che non c’è alcun vincolo in questo senso. Puoi ad esempio salire a Roccanera, in maniera un po’ wild, ma assolutamente tranquilla, senza un sentiero preciso.
Certo raccomando sempre cartina e GPS!
Non posso dimenticare il “Giro dell’Orsiera”, io l’ho fatto ed è stupendo. Dal boschetto ai 2700mt del Robinet. Se sei un camminatore hai davvero l’imbarazzo della scelta. Sei giorni per un viaggio fantastico.

ENZO: È una domanda che mi fa veramente piacere ricevere.
Bisogna trasmettere a più persone possibile il potenziale di questo parco, che ha una biodiversità pazzesca. Vantiamo la presenza di moltissimi mammiferi, tra cui il lupo. Abbiamo un bosco di abeti che pochissimi conoscono ma è tra i più belli dell’intero arco alpino (il Bosco del Sapei ndr).
Il Massiccio Orsiera, molto selvaggio e remoto, il Villano che ci metti almeno sei sette ore a raggiungere da fondovalle. L’Amprimo stesso, aperto 7/7 ti consente di avere accesso al parco quando vuoi. Giustissimo il tuo accenno alle battaglie partigiane, la storia di queste montagne mentre sali sui sentieri, se sei un po’ attento la respiri.

In questi giorni sto cercando di spingere con gli amministratori un dettaglio da non dimenticare: il Sentiero dei Franchi! Uno dei cammini più belli che ci siano, attraversa valichi, vette, parchi con un valore storico immenso! Questo in effetti è un po’ un annuncio che devo poi devo mantenere se lo sto dicendo eh!? (ride ndr.)

Aggiungo che la bellezza di questo parco è avere davvero tantissimo terreno vergine intorno a noi, a differenza del Trentino ad esempio. Dovremmo davvero basare
il nostro indotto in un certo tipo di turismo. Faccio un appello alle varie amministrazioni: abbiamo tutte le carte da giocare, iniziamo a farlo!